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Greenpeace su Chernobyl



Il fotografo Robert Knoth, insieme alla giornalista Antoniette de Jong e in collaborazione con Greenpeace, ha realizzato quattro reportage fotografici in altrettante aree colpite da incidenti e contaminazioni nucleari dell'ex Unione Sovietica. A ventitre anni dal disastro di Chernobyl, la mostra evidenzia come questa tragedia non abbia rappresentato un fatto isolato e si inserisce nel dibattito attuale sulla necessità di garantire l'approvvigionamento energetico per il futuro.
Chernobyl - L'incidente
Il 26 aprile del 1986, l'unità della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina (all'epoca Unione Sovietica) ha avuto il più rilevante incidente nucleare della storia. Si trattava di un reattore del tipo RBMK, nel quale per rallentare i neutroni e favorire la reazione atomica controllata, si usa la grafite. L'incidente è stato causato da un esperimento andato male: gli operatori hanno perso il controllo del reattore, si è formata una bolla di idrogeno nell'acqua del circuito di raffreddamento e poi una esplosione. La grafite ha preso fuoco per l'elevata temperatura che a 2000 gradi centigradi ha fuso le barre contenenti il combustibile. La grafite ha continuato a bruciare per nove giorni....
Chernobyl - Le conseguenze
La maggior parte della radioattività è stata sprigionata nei primi giorni successivi all'incidente. L'area maggiormente contaminata è stimata tra 125 e 146 mila chilometri quadrati e comprende territori di Ucraina, Bielorussia e Russia. In totale, 175 mila persone sono state evacuate. Centinaia di migliaia di persone - i cosiddetti "liquidatori" - sono state coinvolte nelle diverse operazioni svoltesi fino al 1989. Quanti di loro si siano poi ammalati e deceduti è una questione controversa: per il Rapporto del Forum Chernobyl le stime dei morti possono essere diverse migliaia; secondo le agenzie governative delle tre repubbliche ex sovietiche i liquidatori morti nel corso del tempo sono stati circa 25 mila. Altri studi indicano invece un numero decisamente maggiore.