[Sergio Sinigaglia]

 

 

Prima si chiamava «Parco produce». Si teneva ogni anno ad Ancona, capoluogo di una regione che ha dimostrato più volte una particolare sensibilità ambientale. Aveva lo scopo di valorizzare le attività portate avanti dai vari «enti parco». Soprattutto di promuovere, dare visibilità, a una realtà come quella dei parchi, i quali, con tanta fatica, sono riusciti a sottrarre alla logica speculativa, alla cementificazione, pezzi importanti di territorio, ridando, così, identità alle tante comunità locali, spesso relegate ai margini da politiche attente solo alla logica economica, tese a favorire un industrialismo vorace e distruttore. Ma non si può parlare di parchi e comunità locali, tralasciando uno sguardo d'insieme, ignorando che dietro la protezione ambientale c'è, inevitabilmente, una visione più generale che abbina l'ecologia, alla solidarietà, alla giustizia sociale.

Insomma, una società locale attenta alla qualità dello sviluppo più che al suo ritorno quantitativo. Ecco allora che nasce l'idea di «Eco&Equo». Promossa dall'assessorato all'ambiente della regione Marche, si terrà ad Ancona dal 20 al 23 novembre e vuole essere un grande spazio pubblico, dove saranno protagoniste le tante esperienze legate all'ambientalismo, al commercio equo e solidale, alla difesa delle tradizioni culturali delle nostre comunità locali. Nell'epoca della globalizzazione liberista, la capacità di sottrarsi alla logica ipercompetitiva imposta dai mercati, passa attraverso strade alternative. Percorsi che, a partire dalle caratteristiche specifiche dei territori dove si vive, riescono a proporre uno sviluppo rispettoso dell'ambiente e della società che lo circonda.
«Eco&Equo» tratterà, appunto, di sviluppo sostenibile.
Non pochi nel mondo dell'associazionismo solidale ed ecologico, preferiscono parlare di «società autosostenibile». In ogni caso i quattro giorni di Ancona, saranno un'occasione preziosa per mettere a confronto realtà diverse.
I dodicimila metri quadrati della Fiera di Ancona, accoglieranno organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo, turismo responsabile, aziende socialmente responsabili, certificazione etica, parchi e riserve naturali, cooperative ed imprese di produzione tipiche e biologiche. Testimonial della manifestazione sarà Vandana Shiva, in qualità di rappresentante della Research Foundation for Science Technology and Ecology e dell'associazione Navdanya.
Vandana Shiva è anche una delle figure più illustri di quel movimento antiliberista che ormai da anni è protagonista un pò in tutte le zone del mondo. Ad «Eco&Equo» saranno presenti anche Rigoberta Menchu, premio Nobel per la pace, e il giornalista Gianni Minà.

La dimostrazione di quanto la manifestazione sia in sintonia con i contenuti e le sensibilità dei nuovi movimenti globali lo testimoniano i soggetti che hanno patrocinato l'iniziativa: Banca Etica, Greenpeace, Wwf, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, il circuito del Commercio equo e solidale, per citarne solo alcuni. E non è certamente casuale che questo meeting si tenga nelle Marche. Una regione che fino ad oggi è riuscita ad abbinare un buon livello di benessere economico con una qualità sociale e culturale abbastanza rilevante. Il cosiddetto «modello marchigiano» oggetto da anni di studio, è anche un modello di paradossi.
Una realtà produttiva fatta di piccole e micro aziende, caratterizzata da altissimi ritmi produttivi, convive con la capacità di dare grande spazio ad un tenore di vita rispettoso della qualità e delle esigenze dell'individuo, come delle comunità locali. Del resto dovrebbero far riflettere alcuni dati della ricerca, commissionata dal consiglio regionale, al Laboratorio La Polis di Ilvo Diamanti.
Lo studio ha volto fotografare le Marche agli inizi del nuovo secolo. Alla domanda di cosa fare di fronte alle sfide della globalizzazione, se una parte degli intervistati ha sottolineato la necessità di non sottrarsi alla logica competitiva imposta dai nuovi mercati, più di un terzo del campione contattato si è dichiarato convito dell'importanza di godersi i frutti di tanto lavoro, perché ormai non ha più senso puntare sull'iperproduttivismo.
Insomma per dirla con Latouche, benvenuto nel doposviluppo.

 

 

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